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La violenza nel parlare di violenza

"The violence speaking about violence" English text below


Stupro a Roma. Dopo la violenza subìta la notte tra il 25 e il 26 gennaio 2020, il ragazzo vittima ha subìto altra violenza, linguistica e simbolica, in (quasi) tutti gli articoli che sono stati scritti sulla vicenda. Quando si parla di violenza lo si fa ancora in modo violento, aggressivo e pregiudizievole.

Il giornalista Alessandro Bovo con prontezza ha riportato e diffuso la condanna dei due storici attivisti gay Saverio Aversa e Mauro Cioffari che sottolineano la poca professionalità dei giornalisti, la superficialità con cui ancora si parla di violenza (psicologica, sessuale e fisica) e i pregiudizi forti e profondi quando vittima e aggressore sono entrambi uomini.

Il processo di vittimizzazione secondaria descrive l’aggressione da parte delle istituzioni (polizia, giudici, avvocati, medici e sanitari) o da mass media e opinione pubblica verso persone già vittime di un’aggressione. Questa seconda violenza ha notevoli ripercussioni sul racconto che si fa della violenza e delle vittime e quindi su stereotipi e pregiudizi che subentrano, quando non dovrebbero, nel giudizio degli aggressori.

L’articolo di Giulio De Santis “Trastevere, violenta un uomo in auto e lo costringe a consegnargli i soldi” uscito sul Corriere di Roma racchiude tutto questo.

  1. “Che si sia trattato di un’aggressione a scopo sessuale è dimostrato, secondo gli inquirenti, da un dettaglio: il violentatore ha riportato dei graffi sul volto, che dimostrano come il 30enne ha provato a difendersi”;

  2. “A favorire il tentativo dell’arrestato sarebbero state due circostanze concomitanti: la strada isolata nel cuore della notte e il fisico minuto della vittima, che si è trovato a dover fronteggiare l’assalto di uno sconosciuto dalla corporatura prestante”;

  3. “Le modalità della violenza, molto cruenta, non hanno reso necessario, in questa fase, conoscere le inclinazioni sessuali della vittima”.

In che misura è necessaria la presenza di graffi sul volto dell’abusante a prova che la vittima ha provato a difendersi per dimostrare che si sia trattato di stupro?

Un rapporto sessuale non consensuale è coercizione e violenza. L’abusante può avere come scopo il piacere sessuale, la volontà di umiliare o di affermare la propria forza e il proprio potere. La persona abusata può reagire alla situazione, imprevista e indesiderata, in modi diversi. Tra le risposte alla paura, esiste ed è molto frequente il freezing (congelamento, immobilizzazione). È davvero necessario dover dimostrare di aver provato a difendersi per acquisire credibilità?

Sarebbe come dire che se ci viene puntato un coltello alla pancia per strada per rapinarci dei soldi, la nostra denuncia è valida e credibile solo se abbiamo poi rincorso l’aggressore. Altrimenti vuol dire che, tutto sommato, glieli abbiamo dati volentieri i nostri soldi.

Invece di ascoltare i sopravvissuti e le sopravvissute di violenza e assicurare loro giustizia e benessere psico-fisico, facciamo di tutto per cercare delle colpe nella loro identità o nel loro comportamento.

Per le donne la colpa spesso sta nei vestiti indossati al momento dello stupro, nel caso degli uomini è il fisico minuto (poco maschile e virile) e nelle “inclinazioni sessuali”. In che modo l’orientamento sessuale della vittima influirebbe sulla gravità del reato o sulla credibilità del danno subìto?

Se non avessi avuto il fisico minuto, non saresti stato preda. Se sei gay, è da vedere se è stata violenza o se in fondo ti è piaciuto. Fisico e orientamento sessuale sono caratteristiche che non si scelgono e che in nessun modo influiscono nella caratterizzazione di un reato contro la persona quale la violenza sessuale.

Così come una rapina resta rapina e va punita allo stesso modo che tu sia magro, grassa, uomo, donna, adulta o bambino; così uno stupro.

Siamo molto vigili sulle parole utilizzate e sui racconti che circolano, cercando di fare chiarezza dove possiamo e pretendere attenzione e cura quando si parla di violenza, per evitare ulteriori ferite a chi sta già soffrendo, ma soprattutto perché per contrastare la violenza fisica, bisogna prima riconoscerla e disinnescarla nel linguaggio e nelle idee.


Gennaro Veneziano


Rape in Rome. After the violence suffered on the night between 25 and 26 January 2020, the victim boy suffered other violence, linguistic and symbolic, in (almost) all the articles that were written on the story. Talking of violence, it is still done in a violent, aggressive and prejudicial way.

The journalist Alessandro Bovo promptly reported and spread the condemnation of the two historic gay activists Saverio Aversa and Mauro Cioffari who underline the unprofessionalism of journalists, the superficiality with which there is still talk of violence (psychological, sexual and physical) and strong prejudices when victim and attacker are both men.

The secondary victimization process describes the aggression by the institutions (police, judges, lawyers, doctors and health professionals) or by the mass media and public opinion towards people already victims of an attack. This second violence has significant repercussions on the story that is made of the violence and the victims and therefore on stereotypes and prejudices that take over, when they should not, in the judgment of the aggressors.

Giulio De Santis' article "Trastevere, rapes a man in the car and forces him to hand over the money" published in the Corriere di Roma contains all of this

1. "That it was an assault for sexual purposes is demonstrated, according to the investigators, by a detail: the rapist has reported scratches on the face, which demonstrate how the 30-year-old tried to defend himself";

2. "Two concomitant circumstances would have favoured the attempt of the arrested person: the isolated road in the middle of the night and the victim's minute body, who found himself having to face the assault of a stranger with a big body";

3. "The methods of violence, very bloody, did not make it necessary, at this stage, to know the sexual inclinations of the victim".

To what extent is it necessary to have scratches on the abuser's face to prove that the victim tried to defend himself to prove that it was rape?

A non-consensual sexual relationship is coercion and violence. The abuser can have sexual pleasure as a purpose, the will to humiliate or to affirm his own strength and power. The abused person can react to the unexpected and unwanted situation in different ways. Among the responses to fear, freezing (immobilization) exists and is very frequent.

Is it really necessary to show that you have tried to defend yourself to gain credibility?

It would be like saying that if we are stabbed with a knife in the belly in the street to rob us of money, our complaint is valid and credible only if we then chased the attacker. Otherwise it means that, after all, we willingly gave them our money.

Instead of listening to the survivors of violence and ensuring them justice and psycho-physical well-being, we do everything to blame them in their identity or behaviour.

For women, the fault often lies in the clothes worn at the time of rape, in the case of men it is the small body (little male and virile) and in the "sexual inclinations". How would the sexual orientation of the victim affect the seriousness of the crime or the credibility of the harm suffered?

If you hadn't had the small body, you wouldn't have been prey. If you are gay, it is to be seen if it was violence or if you liked it after all. Physical and sexual orientation are characteristics that are not chosen and that in no way influence the characterization of a crime against the person such as sexual violence.

Just as a robbery remains robbery and should be punished in the same way whether you are thin, fat, man, woman, adult or child; so a rape.

We must be very vigilant about the words used and the stories that circulate, trying to clarify where we can and demand attention and care when it comes to violence, to avoid further injuries to those who are already suffering, but above all because to combat physical violence, we must first recognize it and defuse it in language and ideas.


text and translation by Gennaro Veneziano

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