top of page
Immagine del redattoreBeyond what they sell

Cambiano prospettiva? Chi sono gli MRA?



Hai mai sentito dire MRA, o incels, o red pill, o manosphere, o magari female humanoide… e sei confus*? Che vogliono dire tutte queste sigle? Chi sono gli mra? Cosa vuol dire redpill? Ma sta per pillola rossa come su Matrix? Io sono una female humanoide? Cosa sostengono questi movimenti? E che rapporto hanno con il femminismo? Ma soprattutto Cosa c’entrano con noi?

Tante domande, troppe probabilmente! Proviamo a capirci qualcosa,

Ma prima?

siglaaaaa



Ciao! Sono Irene, cofondatrice di Beyond what they sell (pausa) Benvenuti, benvenute e benvenut* a Beyond Kryptonite – verso gli uomini e oltre, (pausa) il podcast femminista che decostruisce gli stereotipi sul maschile esplorando nuovi modi di essere uomini senza il bisogno di essere super. Parleremo delle maschilità di cui non parla mai nessuno, capiremo perché il femminismo non è solo roba da donne e in che modo il patriarcato opprime anche gli uomini.

Oggi parliamo degli MRA. Questa puntata non sarà facile perché è un universo nebuloso, a volte sommerso nelle pieghe dell’internet (pausa) e perché cercare di capire chi non la pensa come te non è mai facile, soprattutto se hai paura di incorrere in montagne d’odio. Però ci proviamo!


Forse a qualcuno questo argomento fa pensare agli Incels “involuntary celibates” letteralmente i celibi involontari. Ma non parleremo proprio di loro, rivolgeremo invece l’attenzione vero MRA e, brevemente anche alla corrente Red Pill.

Gli inCel sono la parte più misogina della manosphere, per chi non conoscesse il termine manosphere trovate un post di spiegazione nelle nostre pagine social, (pausa) gli incel, dicevo, sono coloro che chiamano le donne “female Humanoid” per sottolineare l’assenza di sentimenti e ragione. Direi che non c’è altro da aggiungere.

Ci concentriamo su MRA e Red Pill, perché durante la mia ricerca sono le correnti che più ne hanno colpita per l’uso di argomentazioni e di discorsi che in varie forme si sentono spesso anche nei media mainstream. (quindi mentre ascoltate vedere se qualcosa vi risuona)

Gli MRA, letteramente “attivisti per i diritti degli uomini” sono un gruppo eterogeneo di individui che lottano contro le discriminazioni ai danni degli uomini. Nascono negli anni Settanta in risposta al femminismo della seconda ondata (pausa) ma solo in anni recenti hanno acquisito abbastanza risonanza da riuscire a partecipare al dibattito pubblico. Quindi parliamo di quei movimenti nati IN RISPOSTA e in IN CONTRASTO con il Femminismo, non ai Men's studies, nati dagli studi di genere, di cui abbiamo già parlato nella prima puntata e su cui noi ci basiamo.

Da un po’ anche gli MRA sono arrivati in Italia ed è possibile trovare blog, pagine, canali youtube e tanti altro sul tema.

Ci sono quindi delle differenze fondamentali tra Men’s studies e le argomentazioni degli MRA. Anche se come detto questo è un movimento eterogeneo e possiamo trovare al suo interno estremisti e moderati, quindi si va dai sostenitori di una presunta inferiorità biologica delle donne e di teorie misogine fino a riflessioni sull’oppressione sistemica della società.

Cerchiamo di andare più a fondo.

Intanto alcuni dei testi centrali per il movimento MRA sono “the myth of male power”, il mito del potere maschile di Warren Farrell e “a voice for men” una voce per gli uomini di Paul Elam.

Attraverso la cosiddetta teoria del “bisessismo” si nega il concetto di patriarcato(pausa) e si sostiene che nelle società del passato la condizione maschile e femminile fosse egualmente svantaggiata, gli uomini costretti a lavorare e a supportare le famiglie e le donne assegnate alla cura della casa e della prole.

La divisione così rigida era sicuramente reale e ben documentata storicamente (pausa, enfasi su ma) ma lo svantaggio non era equamente diviso, questa teoria mi appare un po’come una forzatura, se non addirittura una negazione della storia. Poiché solo negli ultimi 100 anni le donne hanno progressivamente avuto accesso ai diritti fondamentali della società, prima - e purtroppo è così ancora in alcune zone del mondo - non erano considerate cittadine e la disuguaglianza era sancita per legge. A livello materiale l’oppressione non era la stessa, uomini e donne non avevano gli stessi diritti, su sé stessi e sul mondo, né le stesse opportunità e possibilità.

Se invece portiamo il discorso su un piano simbolico possiamo concordare che sia uomini che donne sono stati costretti e costrette ad aderire a ruoli di genere stringenti (pausa) e questo ha sicuramente causato molto disagio. Abbiamo visto nella puntata precedente alcune convenzioni sociali che negavano e negano ancora oggi agli uomini la possibilità di esprimersi. (Alessia ci ha parlato di tacchi e di tanto altro! Non ve la siete persa vero?) Però crediamo anche che ci sia stato, e ci sia ancora, uno sbilanciamento di potere a favore degli uomini, sia simbolico che materiale di cui dobbiamo essere consci.

Sostenendo invece una situazione di sostanziale parità nell’oppressione gli MRA ritengono che le molte conquiste femministe come i centri antiviolenza, le quote rosa, e in generale qualsiasi dispositivo creato per tutelare le donne, siano una discriminazione nei confronti degli uomini. E che quindi il femminismo avendo portato avanti solo battaglie per le donne abbia lasciato indietro gli uomini, svantaggiandoli e opprimendoli.

I centri anti-violenza, la ricerca, gli screening per il cancro al seno e all’utero e le campagne di sensibilizzazione, la tutela dei diritti riproduttivi, le quote rosa, gli aiuti rivolti a donne e ragazze per perseguire studi e carriere, sono in realtà conquiste dei movimenti femministi - di cui sarebbe utile a livello nazionale conoscerne la storia, ma che aihmè sono davvero poco studiati – dagli anni settanta ad oggi realizzate per cercare di appianare una situazione di disparità riconosciuta a sfavore delle donne.

Questi dispositivi di tutela sono tutt’ora necessari perché una situazione di disparità permane – sostenuta da dati e statistiche, nonostante questi vengano smentiti in ambienti MRA – in ancora troppi ambiti perché si possa lasciare campo libero all’intraprendenza personale.

Inoltre, derivano da riflessioni e ricerche sul genere femminile, sul sesso, sul ruolo della donna che a partire dai movimenti e dalle studiose, si sono diffuse e hanno portato alla creazione di una coscienza di genere.

Questo non vuol dire che si negano i problemi, individuali e comuni del genere maschile, ma che storicamente le donne si sono unite e hanno lottato per i propri diritti e solo più recentemente sono nate anche riflessioni sul maschile che stanno mettendo a fuoco problemi di questo genere e formulando soluzioni. Sì, esatto, sono proprio i Men’s studies di cui ci ha parlato Gennaro nella prima puntata.

(lunga pausa)

Una delle battaglie principali degli MRA è quella dei padri separati che non ottengono la custodia, a favore delle ex-mogli e che vengono poi obbligati dalla sentenza a mantenerle subendo un significativo impoverimento.

Quello dei divorzi e degli affidamenti è un problema sicuramente reale, soprattutto quando si parla di figli minori, anche perché i nostri codici sono decisamente datati. Però la causa individuata pare essere la malafede del sistema giudiziario (pausa) e la discriminazione a favore delle donne. Piuttosto sarebbe utile e auspicabile una riflessione sulla genitorialità e sul perché ancora la madre venga considerata più idonea a crescere i figli e sul perché statisticamente le donne sono meno impiegate e devono richiedere il mantenimento.

La pretesa di un’equa distribuzione delle responsabilità genitoriali non dovrebbe – secondo noi – avvenire solo al momento del divorzio – e i figli non dovrebbero essere usati come merce di scambio – ma dovremmo lavorare a monte per cambiare i ruoli di padre e madre e renderli più inclusivi e flessibili.

Questi erano solo due esempi dei discorsi che circolano negli ambienti MRA (pausa) e vediamo che ci parlano di problematiche reali, sociali e di un disagio che non va né silenziato nè ignorato.

Però la causa è spesso distorta e si tende a dare la colpa al femminismo, alle femministe, alle donne tutte o ad un sistema a loro favorevole. Si fallisce quindi nel vedere le strutture sociali e culturali sottese alle situazioni materiali, che poi è quello che chiamiamo “patriarcato”, che come ripetiamo, opprime anche gli uomini (pausa)

Pensando tra l’altro che le donne, o meglio le femministe, dall’altra parte facciano la stessa cosa (pausa) e che queste parlando di patriarcato vogliano attaccare tutti gli uomini. Ovviamente non è così, se vi va di approfondire sulla nostra pagina trovate un articolo dedicato al concetto di patriarcato.

Passiamo ora al Red Pill o pillola rossa, una corrente che trae il nome dal film Matrix e dalla pillola offerta a Neo per raggiungere la conoscenza. Il Red pill, proprio come fa la pillola rossa nel film, serve a farti aprire gli occhi sugli inganni del mondo.

Nella visione del Red Pill la società è un mercato sessuale e il valore dell’individuo si basa sull’attrattività. Le donne sono più attraenti quindi possono essere più selettive (pausa) e tendono a scegliere uomini convenzionalmente belli, forti, muscolosi e ricchi, lasciando gli altri a bocca asciutta. Si basa quindi sul paradigma LMS, look, money, status, aspetto, soldi, status sociale.

Le donne sono così intrinsecamente privilegiate. Gli uomini devono invece barcamenarsi in questo sistema che li discrimina cercando di trovare una partner che li voglia. Alcune volte vengono inseriti anche elementi di tipo evoluzionistico e biologico per spiegare meglio il tutto.

L’uomo, quindi, è costretto a fare di tutto per aderire allo standard di produttività, di bellezza, e di attrattività per cercare di avere una partner. Colui che non riesce soffre.

Ora… voglio fare una precisazione:

il disagio e la sofferenza sono sempre validi, il senso di inadeguatezza che la società crea negli uomini è perfettamente comprensibile (pausa) e siamo d’accordo che vengono fissati standard irreali nei ruoli di genere. L’idea però che il mondo sia un mercato, che le relazioni siano un rapporto di scambio e che gli standard femminili siano meno problematici o dolorosi non mi convince.

Il mio della produttività, soprattutto maschile, in una società capitalistica, è l’ansia e la pressione che esso crea è qualcosa sui cui dovremmo davvero riflettere.

Aggiungo inoltre che questi discorsi vengono correlati dalla negazione o dalla giustificazione della cultura dello stupro e della violenza sulle donne. Ambienti più estremi auspicano che la situazione venga rettificata per legge.

Tutto sembra essere ricondotto quindi alla difficoltà di uomini, esili, bassi, calvi poveri a trovare un partner sessuale, perché le donne sono opportuniste e il sistema mediatico offre degli standard di bellezza irreale.

La soluzione auspicata non è però l’abbattimento di ruoli di genere e standard di bellezza – la bellezza si sostiene è reale e oggettiva, biologica e calcolabile con dei parametri, quindi una condanna per chi non li rispetta - ma invece la soluzione è che le donne si accorgano dei loro privilegi e si dedichino a questi uomini.

Si auspica il ritorno a valori tradizionali, a volte, e si condanna la liberazione sessuale, che ha sbilanciato il potere a favore delle donne.

Quello che sembra mancare da questo discorso, è per me l’empatia, (pausa) la sofferenza dell’uomo è perfettamente messa a fuoco, ma quella della donna è totalmente negata.

Dopo questa panoramica esplorativa cerchiamo di tirare le fila.

Come abbiamo detto molto di quanto sostenuto si basa su disagi reali (pausa) ma si scambia la causa con l’effetto, cioè il patriarcato (o comunque una società basata su delle oppressioni) con il femminismo e le sue azioni di risposta al sistema; inoltre spesso i dati e le statistiche sono inesatte, parziali e le fonti non vengono quasi mai citate, (pausa) ma ancora più preoccupante è il fatto che le argomentazioni, spesso logicamente fallaci vengono presentate in maniera convincente “basate sui fatti” e mascherate come ricerca della parità. Troppo spesso si negano così la violenza di genere nel suo carattere sistemico e sociale, l’incidenza degli stupri, il gender pay gap, la cultura dello stupro e si arriva a mettere in dubbio in casi più estremi le libertà personali delle donne e i diritti conquistati.

Inoltre, io noto un’impostazione fortemente binaria del mondo diviso in uomini e donne intesi come sessi o come generi, coinvolti in rapporti eterosessuali tendendo ad escludere o comunque a non considerare tutte le altre identità e orientamenti e a reiterare ruoli sociali tradizionali come unica visione del mondo. Le relazioni sono principalmente di natura sessuale, lo scopo è quello di trovare qualcuno che venga a letto con noi, non l’intimità e il supporto, davvero?

Io lo trovo molto riduttivo. E ancora di più voglio rigettare l’idea che la vita abbia come scopo stare in coppia, e trovare qualcuno che ci voglia, non che ci sia niente di male, nel desiderare una relazione monogama, ma c’è molto altro che può darci gioia nella vita, molto altro che può farci sentire unicu e completu. Affranchiamoci dal mito patriarcale che siamo metà mela alla ricerca dell’altra metà!

Per concludere penso che disagio e astio siano qui la rappresentazione – a volte un po’ becera - di una mascolinità che si sente minacciata perché, come tanto altro nel mondo contemporaneo, sta subendo un processo di cambiamento e di radicale messa in discussione. In momenti di così forte sconvolgimento, soprattutto perché stiamo parlando di identità, risposte reazionarie sono comprensibili.

È Il privilegio maschile che si sente attaccato e prova a riaffermare la sua necessità di esistenza.

Il punto più preoccupante è però che spesso, troppo spesso, fingendo di parlare di diritti per tutti e di parità si sfocia nell’hate speech.

Il discorso d’odio, e in particolare quello verso le donne è in rapida ascesa nel nostro paese, come fa notare Amnesty nel suo “barometro” pubblicato ad aprile 2020. Parleremo presto di questo argomento!

Quindi mi viene da chiedere se sia legittimo lasciare proseguire questi fenomeni inascoltati e ignorati, (pausa) farli sobbollire sotto la superficie e aspettare che esplodano oppure se non sarebbe meglio cercare di comprenderli e trovare delle soluzioni positive alle loro istanze per arginare l’odio. Come ho ripetuto più volte poi, penso che il disagio che traspare da questi discorsi sia legittimo e vada preso in considerazione, soprattutto perché con gli strumenti giusti potrebbe essere incanalato per un cambiamento della mascolinità, verso l’abbattimento degli stereotipi. Invece lasciare che il disagio generi odio, penso che non porterà a nulla se non all’inasprimento dei conflitti sociali.

Anche perché questo odio è diretto a femminist*, non al sistema, ma a delle persone che possono trovarsi sommerse di insulti e minacce. Un altro dei problemi quindi è proprio la poco conoscenza del femminismo o meglio dei femminismi, se ne ha invece un’idea caricaturale e stereotipata, molto facile da odiare.

Il che è un po’ triste e rafforza in me l’idea che ci sia bisogno di parlare di femminismo, a partire dalla sua storia, a scuola, (pausa) fino ad arrivare a spiegare cosa sia oggi il femminismo intersezionale e di quando questo possa far bene a tutti noi, uomini, donne, persone non binarie e ogni altra identità, perché riesce ad illuminare chiaramente i livelli di oppressione e le discriminazioni presenti nella nostra società (pausa) e a sviluppare riflessioni sempre più inclusive. Questo podcast è stato per noi un tentativo di raccontare come il femminismo, attraverso i Men’s studies, faccia bene anche agli uomini!

Infine vi lascio con dei consigli criptoniani!

Intanto un consiglio di lettura:

“Il web che odia le donne” di Rossella Dolce e Fiorenzo Pilla

Poi uomini da seguire e da scoprire su instagram, per lasciarsi ispirare:

Matteo Sangiorgi del progetto suns end rape culture

Eytan Ulisse Ballerini, Riccardo Onorato e Elia Bonci.

Trovate tutti i tag sul post di questa puntata.


Hai appena ascoltato Beyond Kryptonite – verso gli uomini e oltre, il podcast del progetto di attivismo Beyond What they sell – oltre ciò che ci vendono. se ti è piaciuto vienici a trovare sulle nostre pagine Facebook e Instagram, lasciaci un commento e condividi i nostri contenuti! Vuoi fare di più? Sostieni il nostro lavoro offrendoci un caffè! Con una piccola donazione su Ko-Fi puoi aiutarci tanto! Tutte le informazioni sui nostri social! Ciao!




Fonti:

Wikipedia - The Myth of Male Power https://en.wikipedia.org/wiki/The_Myth_of_Male_Power

“Il web che odia le donne” di Rossella Dolce e Fiorenzo Pilla, Ledizioni 2019, Milano

"Il barometro dell'odio sessismo da tastiera" - Amnesty International 2020 https://www.amnesty.it/barometro-dellodio-sessismo-da-tastiera/





65 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Comments


bottom of page