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Ma è normale

"But it is normal" English text below

Questa mattina salgo in macchina con lo stesso rodimento che provano tutti (eccetto Heidi) alle 7 del mattino. Però dato che mia nonna mi ha sempre detto che tutti soffriamo, che tutti abbiamo dei problemi a cui pensare e che quindi non è giusto far ricadere i nostri nervosismi sul prossimo; e dato che lei ha sempre avuto ragione e che se l'avessi ascoltata di più la mia vita sarebbe andata meglio, arrivo al casello autostradale, abbasso il finestrino, fingo meglio che posso un sorriso e abbozzo un: "buongiorno, grazie mille e buon lavoro". (Chissà anche per lui che giornata traumatica sarà).



Arrivo dove devo perché mi tocca cercare una stanza in affitto. Dunque, contatto un po' di gente, mi faccio mandare i nomi delle vie e comincio a muovermi in città. Una casa si trova un po' troppo lontano quindi rientro in macchina, arrivo in uno dei nostri mostri architettonici, palazzi alti senza bellezza, in campagna. Parcheggio, chiedo alla ragazza che mi farà vedere casa se lì la macchina che mi hanno prestato (perché ho passato una vita a studiare e ancora i soldi per comprare una macchina mia non li ho) dia fastidio.

Lei mi dice di no, mi fa salire, mi fa guardare la casa, io le dico che ci avrei pensato, scendo, entro in macchina, arrivo a uno stop. Saranno passati 3 minuti. Un signore con forza comincia a bussare sul finestrino. Questa macchina ha un problema, il finestrino automatico si apre solo quando decide lui, quindi apro lo sportello, immagino che abbia bisogno di aiuto. Urlando comincia ad avvicinarsi a me: "le pare che parcheggia qui sotto? Io come faccio?"

Io: "mi scusi, non avevo idea, ho solo visto una stanza e sono tornata in macchina, è passato poco tempo ma mi scusi."

Lui: "lei è una testa di cazzo, una rincoglionita, in questo palazzo ci vivo io."

Penso a quella zona che era piena di parcheggi, comunque all'ennesimo insulto rispondo che se ha bisogno di sfogarsi non lo deve fare con me, chiudo lo sportello e faccio per andare via.

Tira un pugno sulla macchina. Apro di nuovo e questa volta rispondo alle sue urla con lo stesso tono di voce: "lei è pazzo, le pare che tira un pugno sulla macchina?"

Lui avvicinandosi alla mia faccia: "si sono pazzo perché voi teste di cazzo mi avete rotto il cazzo."

(Voi teste di cazzo chi? Io e chi? Io che non ho mai visto quel posto e chi?)

Rispondo con un sonoro vaffanculo, chiudo lo sportello, ingrano la prima sperando che non tenti di tirare un altro pugno alla macchina, vado via. Bestemmio, escono un paio di lacrime, non è successo niente ma mi sento molto arrabbiata.

Non è successo niente.


Forse il punto è che siamo abituati a pensare che non sia successo niente e invece non è vero. Perché poi lo racconto al mio ragazzo e ironizziamo sul fatto che se ci fosse stato anche lui in macchina probabilmente il gentile signore nemmeno si sarebbe avvicinato a lui e ai 40 kg di muscoli che possiede in più rispetto a me.

Allora non è vero che non è successo niente, perché se sono da sola e un uomo qualsiasi pensa di potermi trattare come gli pare perché magari per lui non è un problema fare ricadere sugli altri i propri nervosismi, perché magari lui è un vigliacco che se la prende col più debole, o almeno con quello che la società gli racconta come più debole.

Diciamo che non è successo niente perché ci siamo abituate, ma la colpa non può essere nostra. Il punto è che se parlo di sessismo vengo anche accusata come un'estremista e che i parcheggi fatti male infastidiscono tutti e che in molti avrebbero reagito così dunque non è sessismo.

Inutile spiegare che l'esperienza mi ha insegnato che si tratta di sessismo proprio quando a me viene serbata una reazione e agli uomini che mi sono stati accanto ne viene serbata un'altra.

Ci hanno abituati a degli standard sbagliati, ci hanno abituati a dire che il sessismo di fondo non è così comune e che noi donne siamo esagerate. Fin dalla prima discoteca dove l'adolescente in boom ormonale si sente in diritto di palparti il culo se sei di spalle, quella che se la prende è ovviamente additata come esagerata se non poco sana di mente.

Ci hanno abituati a tutto questo.

Mi hanno dato della puttana per screditarmi,

mi hanno dato della puttana se ero vestita troppo bene,

mi hanno dato della puttana se non gliela davo, addirittura.

Mi hanno dato della puttana quando mi hanno tradita, perché non capivo le esigenze altrui,

mi hanno dato della puttana per aver goduto delle stesse libertà di chi mi circonda.

Però oramai anche sentirci dire puttana deve andare bene così esorcizziamo questo termine, che di fondo la puttana è un mestiere come un altro. Ma non mi hanno dato solo della puttana. Camminando per strada qualcuno si è sentito in diritto di fischiarmi dietro come se fossi una pecora, altri hanno deciso che era giusto sbarrarmi il passaggio con la macchina. Qualcuno si è preso il diritto di mettermi le mani sulle cosce perché per caso eravamo seduti vicini. Qualcuno ha deciso di guardarmi le tette piuttosto che ascoltare l'esame che stavo dando. Qualcuno quando salgo sul treno si sente in diritto di guardarmi e ridacchiare dicendo che prima vuole vedere se riesco a mettere la valigia sopra i sedili e che poi nel caso mi aiuterà. Insomma, cose comuni a tutte quelle che anziché un pene possiedono una vagina.

Ma parlare di sessismo è anacronistico: "non vi rendete conto che oramai avete più diritti di noi?" (DAVVERO?).


Non mi sono successe cose eccessive nella vita, non sono stata stuprata, non sono stata legata ad una sedia da uno psicopatico, mi sono successe cose solo alla portata di tutte. Cose normali.

Quello che penso è che non dovrebbero essere normali. Sono una donna libera, ho sempre agito da sola, anzi la mia solitudine non mi ha mai precluso niente, ho fatto di tutto da sola, senza abituarmi all'idea che per essere donna dovrei avere paura di questa solitudine. Mi considero abbastanza emancipata, il punto è che spesso questa emancipazione non viene rispettata.

Ho la mente aperta, non ho alcun problema con gli immigrati, non ho alcun problema con la droga e i "drogati", non ho alcun problema a pensare che dovremmo inquinare di meno il mondo e che la colpa di un mondo sporco e malato sia nostra. Non ho problemi con la socialità, non mi crea problemi pensare che dovremmo vivere con più umanità. Non ho problemi a pensare che le ricchezze del mondo siano distribuite in maniera per niente equa. Non ho problemi a interfacciarmi con persone che la pensano diversamente da me. Ho preso una laurea pensando che mi sarebbe servita a trovare un lavoro che non ho trovato, ho abbandonato i miei più grandi affetti, andando lontano per garantirmi un futuro migliore.

Nella società in cui vivo però sono una delle persone che vengono additate come facinorose, che non hanno voglia di fare nulla, motivo della crisi etica, di pensiero, di politica.

Il mio non aver tutti questi problemi mi rende pericolosa agli occhi di molti.

Volevo solo dire che io però non ho mai rincorso una macchina fino a uno stop mettendomi a urlare a un palmo dal naso all'autista e tirando pugni sulla macchina.

Non credo nella violenza e la mia unica difesa è sempre stata l'invettiva.

Nell'Italia in cui vivo ci hanno detto che è giusto e normale fare una gavetta non pagata di anni dopo una laurea.

Nell'Italia in cui vivo c'è un folle di nome Matteo Salvini che urla contro chi tenta di salvare dalla morte in mare, che quando si parla di Cucchi, facendo spallucce, dice di essere contro la droga.

Nell'Italia in cui vivo c'è la mafia che, eccetto qualche raro caso, regna impunita.

Nell'Italia in cui vivo c'è una donna bionda che pensa che tutte dovremmo figliare, quasi fossimo delle macchine sfornamarmocchi.

Nell'Italia in cui vivo noi dovremmo stare a casa come degli angeli domestici ed essere felici di questo dono della vita che oramai mi risulta solo stucchevole.

Nell'Italia in cui vivo si preoccupano del calo demografico e non del fatto che noi giovani non possiamo più permetterci una famiglia. Che se ogni mese ho l'ansia di aver fatto qualche cazzata non piace né a me e né a chi mi sta intorno ma, appunto, non me lo posso permettere. E non è che non me lo posso permettere esclusivamente per una questione economica ma anche perché se voglio dei soldi miei devo andare via, devo balzare da un luogo all'altro senza avere mai la pace e la tranquillità di un qualcosa di veramente mio.

Non me lo posso permettere perché mia nonna per mantenere la sua famiglia si è preclusa tante cose e io non voglio precludermi niente.

Nel mondo in cui vivo c'è un certo Trump che ha deciso di aizzare guerra.

Nel mondo in cui vivo C'È LA GUERRA.

Nel mondo in cui vivo c'è chi lucra sugli incendi che stanno distruggendo i polmoni che ci tengono in vita, nel mondo in cui vivo c'è chi inizia una nuova dittatura.

Nel mondo in cui vivo c'è ancora gente che viene ammazzata perché insegue un ideale.

Nel mondo in cui vivo però, sono io quella pericolosa.

Ma è normale.

Mariarosaria Aliberti


This morning I get in the car annoyed like everybody feels (except Heidi) at 7 in the morning. But since my grandmother has always told me that we all suffer, that we all have problems to think about and therefore it’s not right to make our nervousness fall on others; and since she has always been right and if I had listened to her more, my life would be better, I arrive at the highway exit, I roll down the window, I pretend to smile and say: "good morning, thank you very much and good work". (Who knows how traumatic will be for him this day). I get where I have to because I’m looking for a room for rent. So, I contact a few people, I get the names of the streets start moving around the city. A house is located a bit too far, so I get back in the car and I go to one of our architectural monsters, tall buildings without beauty, in the countryside. Parking, I ask the girl who will show me home if the car, I borrowed it from a friend, (because I spent a lifetime studying and still don't have the money to buy a car of mine) parked there would bother someone. She says no. She shows me the house and I tell her that I will think about it, I get out, I get in the car and I drive till a stop sign. 3 minutes have passed. A gentleman vigorously starts knocking on the window. This car has a problem, the automatic window only opens when it feels like doing it, so I open the door, maybe, I imagine, he needs help. He approaches me screaming: "Do you think you can park there? What about me?" I answer: "I’m sorry, I had no idea, I just saw a room and went back in the car, just a few minutes but I'm sorry."

He: "you are a dickhead, you stupid, I live in this building."

I think that the surrounding area was full of free spots, however after more insults I answer that if he needs to let off some steam he shouldn’t take it out on me, I close the door and I try to go away. He throws a punch on the car. I open the door again and this time I scream back at him: "are you crazy? What were you thinking punching the car?”

He yells closely to my face: "I am crazy because I can’t take anymore of you morons." (which morons? who? Me and who else? Me, who have never seen this place, and who?)

I answer with a “go to hell!”, close the door, hoping he wouldn’t try to punch the car again, and I drive away. I Swear alone in the car, a couple of tears come out, nothing happened but I feel very angry.

Nothing happened.

Perhaps the point is that we are used to think that nothing ever happens but instead it is not true. Because then I describe the episode to my boyfriend and we ironically joke that if he would have been in the car that gentleman probably wouldn’t even dared to approach him, with his 40 kilos of muscles. So it isn’t true that nothing happened, because if I am alone and any man thinks he can treat me as he likes because maybe it is not a problem for him to be rude,, because maybe he is a coward who likes taking it out on the weak, or at least with whom society tells him are the weakest.

We say that nothing happened because we are used to it, but we can’t take the blame.

The point is that if I talk about sexism, I get accused to be an extremist and that bad parking annoys everyone and that many would have had that reaction and therefore it is not sexism.

It is useless to explain that experience has taught me that it is sexism when one reaction is designed for me, a woman, and a different one is designed for men. We are accustomed to wrong standards, thinking that underlying sexism is not so common and that we, the women, are overreacting. Since that first time in the disco where the random adolescent in hormonal boom feels the right to grab my ass and then obviously if you say something you are overreacting, or you are insane. They got us used to all this. They called me a whore to discredit me, they called whore if I was dressed too nicely, they even called me a whore if I didn't want to sleep with someone. They called me a whore when someone cheated on me, because I didn't understand his needs, they called me a whore for enjoying the same freedom as those around me. But now also to be called a whore should be fine, they say, to exorcise the term, that basically the whore is a job like any other. But they didn't just call me a whore. Walking on the street someone felt entitled to whistle at me as if I were a sheep, others decided that it was right to stop me with the car. Someone took the right to get his hands on my thighs because by chance we were sitting next to each other. Someone decided to look at my tits rather than listen to the exam I was taking. Someone when I get on the train feels entitled to look at me and chuckle saying that first he wants to see if I can put the suitcase in the space above the seats by myself, and then in case he would help me

So basically, things common to all those who have a vagina. But talking about sexism is anachronistic: "don't you realize that by now you have more rights than us?" (REALLY?).

Extreme things didn’t happen to me, I haven’t been raped, I haven’t been tied up to a chair by a psychopath, the things happened to me are common.

Normal things.

But I think that they shouldn't be normal.

I am a free woman, I have always been independent, in fact my solitude has never prevented me from anything, I have done everything alone, without getting used to the idea that to be a woman I should be afraid of this solitude. I consider myself quite emancipated, the point is that often this freedom is not respected.

I have an open mind, I have no problem with immigrants, I have no problem with drugs and "drug addicts", I have no problem thinking that we should pollute the world less and that we are to blame for this dirty, sick world . I have no problems with sociability, it doesn't bother me to think that we should live with more humanity. I have no problem thinking that the wealth is not equally distributed. I have no problem speaking with people with different opinions. I got a degree thinking that it would help me find a job that I didn't find, I abandoned my loved ones, moving far to build a better future.

In the society in which I live, however, those like me are considered the troublemakers, those who don’t want to do anything, the reason for the ethical, moral, and political crisis.

My not having all these problems makes me dangerous in the eyes of many. I just wanted to say that I’ve never ran after a car to a stop and scream at the driver’s face and I’ve never punched a car. I don't believe in violence and my only defence has always been the invective. In the Italy where I live, they told us that it is right and normal to work as unpaid apprenticeship for years after a degree. In the Italy where I live there is a mad man named Matteo Salvini who yells at those who try to save many from death at sea, he, who when talking about Cucchi, shrugging, just says he is against drugs. In the Italy where I live there is the mafia which, except a few rare cases, reigns unpunished. In the Italy where I live there is a blonde woman who thinks that we should all give birth, as if we were just baby making machines. In the Italy where I live, we should stay at home like domestic angels and be happy with this gift of life, that is to me now just so sickening. In the Italy where I live, everyone worries about the demographic decline and not about the fact that young people can’t no longer afford a family. So, if I am anxious every month that I may screw up, I don’t like it and neither do those around me, but I can't afford it.

And it's not that I can't afford it exclusively in an economic way, but also because if I want to have some money I have to travel, I have to move from one place to another without ever having the peace and the steadiness of something truly mine. I can't afford it because my grandmother had to give up many things to support her family and I don't want to give up anything. In the world I live in there is a certain Trump who has decided to start a new war. In the world I live in THERE IS WAR. In the world in which I live, there are those who profit from the fires that are destroying the forests that keep us alive, in the world in which I live, there are those who start a new dictatorship. In the world I live in, there are still people who are killed because they believe in something. In the world in which I live, however, I am the dangerous one.

But it is normal.

By Mariarosaria Aliberti

Translated by Irene Santoro

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